Il sogno e i nuovi correlati neurali

 

 

LORENZO L. BORGIA

 

 

 

NOTE E NOTIZIE - Anno XV – 22 aprile 2017.

Testi pubblicati sul sito www.brainmindlife.org della Società Nazionale di Neuroscienze “Brain, Mind & Life - Italia” (BM&L-Italia). Oltre a notizie o commenti relativi a fatti ed eventi rilevanti per la Società, la sezione “note e notizie” presenta settimanalmente lavori neuroscientifici selezionati fra quelli pubblicati o in corso di pubblicazione sulle maggiori riviste e il cui argomento è oggetto di studio dei soci componenti lo staff dei recensori della Commissione Scientifica della Società.

 

 

[Tipologia del testo: RECENSIONE]

 

Allora il faraone disse a Giuseppe:

“Nel mio sogno io mi trovavo sulla riva del Nilo.

Quand’ecco salirono dal Nilo sette vacche grasse e belle di

 forma e si misero a pascolare tra i giunchi. Ed ecco sette altre

vacche salirono dopo quelle, deboli, brutte di forma e magre…”

(Genesi 41: 17-19)

 

 

Il rapporto con l’esperienza e il mistero del sogno è profondamente impresso nelle radici della nostra cultura, tanto che nell’antica Roma il sogno era un genere letterario praticato dagli autori più illustri: l’ultima parte del libro VI della Repubblica di Cicerone è il Somnium Scipionis (Il Sogno di Scipione), in cui Scipione Emiliano descrive, secondo una trama onirica, una sua idea intorno al destino degli uomini dopo la morte. Con il commento di Macrobio, quest’opera assunse un valore di modello durante il Medioevo, e continuò ad esercitare una notevole influenza sulla cultura umanistica dei secoli successivi. L’artificio letterario del sogno implicitamente riconosceva un significato ai contenuti rappresentati in quelle speciali immagini percepite con l’occhio della mente; sfruttava la convenzione di un “luogo speciale di senso”, non necessariamente interpretato secondo moduli culturali o letto alla luce delle suggestioni simboliche della sottocultura superstiziosa, come spesso è accaduto in epoche a noi più vicine. Il sogno della letteratura e del teatro è inteso come una forma di immaginazione della quale il sognatore è responsabile solo a metà; perché, se è vero che si tratta di un parto della sua mente, è pur vero che dormiva durante il suo sviluppo.

In epoca positivistica l’artificio letterario viene privato di ogni riferimento alla fisiologia umana, perché l’opinione medica corrente nega qualsiasi significato alle immagini oniriche, come ricorda lo stesso Freud: “Nella loro teoria gli unici istigatori dei sogni sono gli stimoli sensoriali e somatici, che colpiscono il dormiente dall’esterno oppure diventano casualmente attivi nei suoi organi interni. […] Tutte le caratteristiche della vita onirica verrebbero così spiegate in quanto dovute all’attività sconnessa di organi distinti o di gruppi di cellule in un cervello altrimenti dormiente, attività ad essi imposta da stimoli fisiologici”[1].

Proprio dalla confutazione di questa tesi, prende le mosse lo studio del sogno da parte del padre della psicoanalisi, che non condivide l’adagio dell’epoca secondo cui i sogni sono schiuma (Träume sind Schäume) che scompare all’apparire della coscienza della veglia. Come è noto, L’interpretazione dei sogni fu un’opera fondamentale per lo sviluppo della concezione freudiana dell’inconscio, responsabile della creazione del sogno, quale frequente realizzazione in forma simbolica di un desiderio represso o altrimenti irrealizzabile. Ha ormai solo interesse storico il procedimento di ricostruzione dei valori di senso rappresentati in un fine gioco di commutazione della semantica linguistica in analogia o metafora figurale. Lavorando sui sogni con la tecnica interpretativa freudiana, lo psicoanalista Jacques Lacan giunse ad ipotizzare che l’inconscio fosse strutturato come un linguaggio. Oggi, pur non negando l’esistenza del “caso freudiano” nel sogno, si ritiene che la sua occorrenza riguardi un’esigua percentuale di eventi onirici e, dunque, la generalizzazione della ragione interpretativa freudiana, creata ad hoc sui celebri modelli riportati negli scritti, non sia più sostenibile. E, soprattutto, lo studio neuroscientifico ha spostato il centro focale dell’interesse dalla presunta ragione psicologica di un episodio onirico, alle ragioni che portano più in generale i processi di riequilibrio neurofunzionale del sonno a generare l’attività neurale responsabile di quella speciale esperienza visiva, e a volte anche acustica e tattile, che si verifica in assenza di esopercezione.

L’era contemporanea dello studio del sonno ha inizio con l’analisi elettrofisiologica che, registrando contemporaneamente elettroencefalogramma (EEG), elettro-oculogramma (EOG) ed elettromiogramma (EMG) ha portato alla distinzione tra sonno associato a rapidi movimenti oculari (REM) e sonno privo di questa associazione (NREM). A lungo si è ritenuto che i sogni fossero esclusivamente presenti durante la fase REM, caratterizzata da una maggiore e più globale attivazione ad alta frequenza dei sistemi neuronici corticali e pertanto più vicina allo stato di veglia, ma i risultati della ricerca hanno complicato il quadro. Si è accertato che l’attività onirica si sviluppa anche durante il sonno NREM, caratterizzato da una prevalente attività di bassa frequenza. Questo rilievo ha una portata maggiore di quanto si possa immaginare sulle prime, perché mette in crisi lo schema convenzionalmente adoperato per interpretare i correlati dell’esperienza cosciente nel sonno. Uno studio condotto da Giulio Tononi con Francesca Siclari e vari altri colleghi ha identificato un interessante correlato dell’esperienza cosciente durante il sonno.

(Siclari F., et al. The neural correlates of dreaming. Nature Neuroscience – Epub ahead of print doi: 10.1038/nn.4545, 2017).

La provenienza degli autori è la seguente: Department of Psychiatry, Department of Neurology, Department of Psychology, Neuroscience Training Program, University of Wisconsin-Madison, Madison, Wisconsin (USA); Center for Research and Investigation in Sleep (CIRS), Lausanne University Hospital (CHUV) and University of Lausanne, Lausanne  (Svizzera); Sleep Laboratory, Division of Pneumology, Geneva University Hospitals (HUG), Geneva (Svizzera); IMT School for Advanced Studies, Lucca (Italia); Medicine, Baylor College of Medicine, Houston, Texas (USA).

Per introdurre all’argomento studiato da Tononi e colleghi, si riportano alcune nozioni di neurofisiologia del sonno tratte da una nota recente:

Il sonno interessa tutte le funzioni del nostro organismo, dalla regolazione dei livelli ormonali al tono muscolare, dalla regolazione della frequenza respiratoria ai processi implicati nella genesi dei contenuti dei nostri pensieri. Non meraviglia, per tale spettro d’influenza, che l’attività elettrica complessiva del cervello abbia una sua specifica e diversa configurazione quando si dorme: un differente assetto funzionale del cervello, cui corrisponde un particolare setting di tutto il corpo. Durante la veglia, come è noto, l’elettroencefalogramma (EEG) presenta un’attività rapida di alta frequenza con un voltaggio relativamente basso, che riflette una corteccia cerebrale impegnata nella percezione e nella cognizione. Rilassandosi e chiudendo gli occhi si possono generare onde α, specialmente al di sopra della corteccia visiva, configurando un ritmo α (9-13 c/sec.)[2] che deriva da un’attività ritmica relativamente sincrona delle reti corticali sottostanti. Per descrivere il sonno quantitativamente e ripartirlo in fasi, i ricercatori impiegano ordinariamente tre misure facili da registrare, affidabili e dotate di potere discriminativo: l’EEG, l’elettro-oculogramma (EOG) e l’elettromiogramma (EMG). Sulla base di queste misure, il sonno è tradizionalmente ripartito in 5 fasi: le prime quattro dette Non-REM (NREM) e la quinta costituita dalla fase REM (rapid eye movement).

La fase del sonno caratterizzata dal rapido movimento degli occhi (REM) fu scoperta da Eugene Aserinsky e Nathaniel Kleitman nel 1953, durante il primo studio di registrazione dell’EEG e dell’EOG in persone adulte addormentate, che rivelò un cambiamento di attività elettrica con un aumento di frequenza e riduzione di ampiezza simile al correlato di attivazione della veglia. Tale attività si ripeteva approssimativamente 4-5 volte per notte e si accompagnava a rapide oscillazioni dei globi oculari: un rilievo così particolare e distintivo da essere stato impiegato per definire questo tipo di sonno (REM) e distinguerlo per opposizione da quello delle altre fasi (NREM). Le persone risvegliate durante il sonno REM, in una proporzione che varia dall’80% al 95%, riferiscono l’esperienza, interrotta dal risveglio, di un sogno vivido. Il ciclo del sonno è costituito dalla successione delle fasi NREM 1-4, seguite dalla sequenza inversa e da un breve periodo di sonno REM. Col procedere della notte, la profondità del sonno NREM diminuisce e la durata del sonno REM aumenta. Per effetto di questa configurazione funzionale e in conseguenza della necessità di svegliarsi per portare alla coscienza quanto si è sognato, i sogni del mattino sono quelli ricordati più di frequente.

Negli adulti la fase REM occupa approssimativamente il 25% del tempo del sonno. Studi recenti sui sogni e sui loro contenuti hanno fornito risultati sorprendenti, talvolta in contrasto con convinzioni culturalmente radicate. Ad esempio, molti ritengono che i sogni siano occasionali, fugaci esperienze dai contenuti bizzarri o emotivi che si sviluppano in tempi brevi, occupando, quando presenti, una piccola parte della fase REM. È stato invece accertato che sogni specifici ricorrono con regolare e prevedibile periodicità, spesso in collegamento con evocatori della vita quotidiana e sviluppati nel corso di tutta la fase REM. Molto interessante è anche la temporizzazione dei sogni: la misura del tempo degli eventi che si esperiscono ha rivelato una durata simile a quella della vita reale. Anche la nozione classica dei sogni legati esclusivamente al periodo REM è venuta a cadere già da un po’ di tempo: anche nel sonno profondo si verificano episodi di sogno. Sono state tuttavia riconosciute delle differenze caratteristiche.

I sogni REM sono generalmente lunghi, primariamente visivi, con più o meno evidenti contenuti affettivi e senza un’evidente connessione con fatti ed eventi verificatisi nella veglia. I sogni NREM sono più brevi, meno visivi, più concettuali e direttamente legati ad aspetti concreti ed attuali della vita vissuta. L’esperienza più astratta, simile al pensiero della veglia, può occupare fino al 50% del sonno NREM[3][4].

Tononi e colleghi, impiegando l’elettroencefalografia ad alta densità, hanno accostato l’assenza e la presenza di attività onirica durante le fasi di sonno REM ed NREM. In entrambi i tipi di sonno, l’esperienza del sogno riferita dai volontari partecipanti allo studio era associata ad una riduzione locale dell’attività di bassa frequenza nelle regioni corticali posteriori.

In queste regioni l’attività di alta frequenza era correlata con specifici contenuti dei sogni. Il monitoraggio di questa “zona calda” della corteccia cerebrale posteriore in tempo reale, consentiva di prevedere se la persona monitorata avrebbe riferito in sede di esposizione di aver sognato durante il sonno NREM, suggerendo che l’attività neuronica di quest’area della corteccia cerebrale posteriore possa costituire un correlato nucleare delle esperienze coscienti durante il sonno.

 

L’autore della nota ringrazia la dottoressa Isabella Floriani per la correzione della bozza e invita alla lettura delle recensioni di argomento connesso che appaiono nella sezione “NOTE E NOTIZIE” del sito (utilizzare il motore interno nella pagina “CERCA”).

Lorenzo L. Borgia

BM&L-22 aprile 2017

www.brainmindlife.org

 

 

 

 

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[1] Sigmund Freud, I Sogni (1901), in Sogno, ipnosi e suggestione, p. 144, Newton Compton, Roma 1969.

[2] Nelle stime del passato, il range del ritmo alfa era 8-12, ma già da tempo si ritiene che questa frequenza sia in realtà un sub-alfa.

[3] Alcuni ricercatori (v. David McCormick e Gary L. Westbrook in Kandel, Schwartz, Jessel, etc., Principles of  Neural Science, p. 1144, 5th edition, 2013) hanno paragonato il sogno REM al “contenuto latente” del sogno secondo Freud e il sogno NREM al “contenuto manifesto” secondo il padre della psicoanalisi. L’accostamento è improprio, perché le definizioni freudiane si riferiscono al paradigma interpretativo psicoanalitico (lo zweideutig, il doppio senso dell’inconscio) di uno stesso sogno: secondo Freud ogni sogno presenta un contenuto manifesto, spesso riportabile facilmente ad esperienze reali recenti, ed un contenuto latente che contiene dei significati non emergenti alla coscienza e rappresentati in chiave simbolica.

[4] Note e Notizie 28-01-17 Il sonno REM seleziona e mantiene sinapsi in corso di sviluppo e apprendimento.